Sognavo. Correvo fra gli antichi alberi di una foresta fluviale, alle volte saltando per evitare grossi arbusti, altre volte abbassandomi in fretta, impedendo di picchiare il volto contro un ramo troppo basso, altre volte ancora serpentando fra le liane pendenti dalle chiome, così alte da averne una sbiadita percezione. Il mio obbiettivo: trovare Santana. Una mandria di bonghi, maracas e conga mi inseguiva. Sapevano che suonavo la batteria: se mi avessero acciuffato, non so quale fine avrei fatto. Non correva buon sangue fra batteria e gli altri strumenti a percussione. L’egemonia della prima rischiava seriamente di metter fine ai ritmi dei secondi. Dal mio canto comprendevo la loro posizione, ma non capivo perché
